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L’equazione del commercio

+ Gdo = - negozi di vicinato

Care associate, cari associati,

Sono tante le occasioni per riflettere su un mondo, quello del commercio, che è sempre stato il pilastro della nostra società. Un commercio che qualifica i territori, i centri storici e i rioni fornendo servizi essenziali. Un commercio che resta l’indiscusso punto di riferimento di una comunità che fa sempre più fatica a stare insieme, incontrarsi e aiutarsi nel risolvere i problemi della vita quotidiana. I nostri mercati e i nostri negozi sono il centro di tutto questo. Avrei potuto usare il passato, ma non lo faccio. Perché ancora oggi i negozi illuminano le città e, con la loro presenza costante, sono i guardiani delle vie.
I negozianti tutti i giorni si spendono per avere un costante decoro delle città e per supportare la popolazione anziana.
Per questi motivi, e anche per tanti altri (ad esempio: il valore che le attività commerciali conferiscono agli immobili), a parole tutti sostengono il commercio. Peccato però che, a qualsiasi livello istituzionale, è ben diversa la realtà dei fatti. L’ho toccato con mano con la Commissione provinciale di Tutela sindacale di cui sono presidente e che, con il contributo di professionisti, come l’architetto Giorgio De Wolf e l’avvocato Antonio Chierichetti, ha il compito di intervenire sul piano amministrativo, attraverso la redazione di contributi e osservazioni, nelle fasi di elaborazione dei Pgt (Piani di Governo del Territorio) da parte dei comuni della provincia di Varese.
Eppure, a fronte dell’impegno quotidiano, nei nostri negozi e sui tavoli istituzionali, il commercio tradizionale, quello fatto di imprenditori e famiglie, non viene difeso. Anzi viene svenduto. Perché di svendita parliamo quando si consente all’ennesimo centro commerciale di aprire a due passi dai centri storici. Si barattano il lavoro e i sacrifici di famiglie dedite da decenni al piccolo commercio con la costruzione dell’ennesima rotonda, spesso funzionale soltanto alle esigenze del centro commerciale stesso.
Tutelare i negozi significa continuare a vedere le città a misura d’uomo. Di conseguenza, tutelare i negozi significa creare parcheggi, mettere a punto una buona viabilità, potenziare l’illuminazione pubblica, incrementare la pulizia, la sicurezza e il decoro delle città. In presenza di un’offerta commerciale satura, continuare ad aprire centri commerciali equivale a sacrificare tutto questo.
Ma a vantaggio di chi?
Io una risposta me la sono data. Spesso si dice sì ad una nuova Gdo perché questa porterà con sé un centro sportivo o addirittura un parco (in un caso il parco fluviale del Vellone, cosa che grida vendetta già a sentirla dire). Tutto lecito (o quasi), ma mi domando: andando avanti così, il futuro che ci aspetta quale sarà?
Per il benessere dell’intero territorio, è importante che nei capannoni dismessi sia mantenuta nel Pgt la destinazione originaria. Quando, invece, i capannoni industriali vengono convertiti in supermercati, si crea uno squilibrio che danneggia il piccolo commercio e il territorio nel suo complesso. E’ come un’equazione: dove nascono i supermercati, i centri storici si svuotano. Anche le ricadute sull’occupazione non sono positive: la gdo, tanto più da quando ci sono le automatizzazioni, ha bisogno di sempre meno forza lavoro.
Visto che un’offerta commerciale sovrabbondante è destinata a snellirsi facendo prevalere i marchi più forti, nel prossimo futuro vedo negozi tutti uguali e città vuote circondate da una periferia di capannoni che cadono a pezzi.
Questo è inevitabilmente quello che ci aspetta quando invece che a una visione di ampio respiro si lascia spazio alla convenienza immediata. Una convenienza che non deve essere il metro di giudizio neppure quando a beneficiarne sono in tanti, perché il futuro non segue le leggi della convenienza ma della progettualità e della visione.

Antonio Besacchi, presidente di Confcommercio Ascom Varese

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