Il dibattito si è aperto con l’intervento della Presidente di Confcommercio Professioni Annarita Fioroni che ha illustrato proposte e traguardi raggiunti dalla rappresentanza delle professioni in Confcommercio ribadendo la necessità di tutele, dall’equo compenso ad un nuovo welfare, ed incentivi per le professioni secondo logiche innovative e di un vero protagonismo per l’attuazione delle riforme di cui il Paese ha bisogno e per il PNRR.
Nel corso dell’incontro si sono poi esaminate le norme di riferimento per riconoscere la professionalità dell’amministratore di condominio: la legge 4/2013 e la legge 220/2012 di riforma dell’istituto del condomino, che ha introdotto l’art.71 bis del codice civile. Secondo l’associazione costituisce una criticità il fatto che chi è condomino può amministrare il proprio condominio senza i previsti requisiti. E per un amministratore di condomino non può bastare un corso di 72 ore sulla base del “Decreto formazione” in vigore. Il Presidente nazionale di Abiconf, Andrea Tolomelli, nell’evidenziare che il professionista amministratore di condominio merita di essere distinto da chi non lo è rispetto al mercato, ha proposto l’istituzione di un Pubblico registro degli amministratori di condominio al quale accedere attraverso le associazioni di categoria di cui alla Legge 4/2013 che devono essere raccolte in una forma di coordinamento riconosciuta e permanente che si dovrà occupare di programmi formativi, codici deontologici.
“Negli ultimi anni la figura dell’amministratore di condominio – ha proseguito Marta Schifone responsabile nazionale dipartimento professioni FDI – è diventata sempre più importante per la stragrande maggioranza dei cittadini italiani, che in un condominio abitano o lavorano come proprietari o come conduttori. Il ruolo dell’amministratore è andato crescendo nel tempo in conseguenza dell’evoluzione legislativa che ha portato dei mutamenti continui sia dal punto di vista urbanistico che dal punto di vista dei diritti reali. È evidente che occorre definire la professionalità della figura e quindi garantire anche gli italiani, cittadini, proprietari o conduttori, rispetto alle capacità di assumere responsabilità sempre più gravose sempre più diversificate rispetto ad una società in continua evoluzione. Occorre dunque definire livelli minimi ma adeguati riconosciuti da una regolamentazione, che possa essere di garanzia pubblica e privata.”